Il Carnevale di Termini Imerese è sicuramente tra i più antichi e considerato che la città fu colonia Augustea non si escludere che anche a quel tempo si celebrassero i riti saturnali, anticipatori delle moderne feste carnevalesche. Di certo, già dai primi del XIX secolo, così come attestato in diversi verbali dei Giurati, custoditi presso la Biblioteca Liciniana, si organizzavano feste “carnavalesche”.
Di particolare interesse sono anche altri documenti come una ricevuta di pagamento, risalente al 1876, rilasciata dalla “Società del Carnovale” a Giuseppe Patiri, studioso di storia locale e di tradizioni popolari. Questa “bolletta”, di proprietà del collezionista Francesco La Mantia, venne esposta per la prima volta nel 1997 in una mostra organizzata dalla Pro Loco e curata da Giuseppe Longo. Un’altra attestazione, di particolare pregio, risale al 1882 di proprietà dello storico locale Salvatore Mantia.
Da oltre un secolo i protagonisti indiscussi di questa kermesse sono due arzilli e tenaci nonnetti: “U Nannu cà Nanna” che, con la loro simpatia allietano sia grandi che piccoli. Le maschere dei nanni sono state realizzate nella seconda metà del XIX secolo e appartengono agli eredi della famiglia La Rocca che, con grande passione cura il cerimoniale contribuendo a mantenere viva la memoria.
U Nannu, secondo un’antica tradizione, è destinato a bruciare alla mezzanotte del martedì Grasso, solo dopo aver affidato ai suoi “nipoti” il testamento. Simbolicamente egli rappresenta l’anno vecchio che muore, e tra sue “disposizioni”, l’arzillo nonnetto pretende che nessuno pianga per la sua dipartita, nella certezza che l’anno successivo ritornerà più arzillo di prima. La Nanna, invece, simboleggia la fecondità e l’abbondanza ecco perché è destinata rimanere in vita.
La sua presenza è una peculiarità nel contesto carnascialesco siciliano ed è alter ego femminile del Nannu, le cui origini sono da ricercare negli antichi culti della fertilità.
Una descrizione minuziosa sulle maschere termitane ci viene fornita da Luigi Ricotta nella sua tesi di laurea del 1956 dal titolo “Aspetti del Folklore di Termini Imerese”: “(…) il Nanno è un vecchio allegro e rubicondo con una giacchetta gialla a frange e rabeschi, una cravatta a fiocchi, panciotto, calzoni alla zuara, due calzettoni bianchi e le scarpe. La Nanna è una vecchia magra e allampanata con un cappellone piumato in testa e una veste rosso mattone tutta fronzoli e merletti”.
Durante le tradizionale sfilate dei carri allegorici, realizzati dalle sapienti mani dei cartapestai termitani, i Nonni chiudono il lungo corteo costituito da gruppi mascherati e dalle “carruzzate”.
Dal loro carro i Nonni si divertano a lanciare alla folla coriandoli (pittiddi), caramelle, confetti e per i meno fortunati ortaggi di vario genere. La festa si chiude con la lettura del testamento del Nanno.
Si tratta di un vero e proprio lascito di beni simbolici ai “nipoti”, unici eredi universali. Un tempo tra le disposizioni testamentarie egli trasferiva in eredità la bilancia dei macellai affinché venisse utilizzata durante le vendite, ma anche il piccone del muratore da consegnare ai governati affinché provvedessero ad aggiustare una strada. Oggi come allora, il lascito rappresenta un ammonimento per tutti.
Da alcuni decenni, l’incombenza della lettura dell’eredità è affidata al “Notaio Mezzapinna”. Si tratta di un personaggio ideato e interpretato da Nando Cimino, da sempre attento studioso delle tradizioni popolari locali.
In Sicilia, ogni festa è “celebrata” da un piatto culinario che puntualmente trasformiamo in una “esagerata abbuffata”.
Ecco perché nelle tavole dei termitani, in quei giorni, non possono mancare “i maccarruni ‘nta maidda”, una pasta lunga condita con ragù di carne di maiale e servita in un contenitore di legno detta per l’appunto maidda.
E per concludere non possono mancare i dolci, quali le “chiacchere” e le “sfincie” dove lo zucchero diventa il principale protagonista di queste lecconeria.