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mercoledì 23 Aprile 2025

mercoledì 23 Aprile 2025

25 anni dalla morte di Bettino Craxi

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craxi
alessio baffa cinelli
alessio baffa scinelli
5 minuti

Nell’anno 2000, lo stesso della scomparsa dello storico leader socialista e Presidente del
Consiglio Bettino Craxi, usciva un saggio storico che – specie tra gli addetti ai lavori – rimane a
tutt’oggi un classico della storia dei partiti: La cruna dell’ago. Autrice del testo è la docente di storia
dei partiti all’università romana “La Sapienza” Simona Colarizi, un’allieva del celebre storico Renzo
De Felice.

Classe 1944, la docente romana rimane ancora oggi nel novero dei più accreditati esperti
di storia contemporanea tra gli italiani viventi. Il maestro De Felice, da parte sua, era invece stato
probabilmente il più celebre studioso del fenomeno fascista negli anni del dopoguerra, uno che nel
bene o nel male aveva sdoganato lo studio di quella realtà storica fuori da qualsivoglia pregiudizio.
La professoressa Colarizi è anche una che in ambienti socialisti aveva esplicitamente militato: è del
recente 2024 una sua pubblicazione a quattro mani (sul caso Moro) insieme all’ex ministro
socialista Claudio Signorile.
Ebbene ne La cruna dell’ago, a corpo di Craxi ancora “caldo”, Colarizi e il suo co-autore
Marco Gervasoni (oggi docente all’università del Molise) si avventurarono nella ricerca di una
chiave di lettura scivolosa, come scivoloso è per sua stessa natura cercare di storicizzare fatti
accaduti ieri o l’altro ieri. Il punto saliente della questione degli anni del craxismo in Italia, cui fa
peraltro riferimento la metaforica cruna che dà il titolo all’opera, sarebbe secondo gli intellettuali
socialisti Colarizi e Gervasoni, la trasformazione del concetto di leadership. Craxi, attraversando
per l’appunto lo strettissimo cunicolo della comunicazione e della storia, se c’è qualcosa che
veramente rivoluzionò, più delle finanze stabili e certamente non altalenanti come quelle di cui oggi
soffrono le casse dello Stato, e più del celebre episodio di Sigonella con marines e carabinieri gli un
contro gli altri armati al fine di decidere chi tra noi e loro dovesse occuparsi del terrorista Abu
Abbas appena sbarcato dalla nave Achille Lauro nel lontano 1984, più di tutto ciò è storico che
leader come Craxi, prima di Craxi, non ce ne fossero. I volti molto noti che avevano bazzicato le
vette dell’articolato mondo della Democrazia Cristiana – da Andreotti a Fanfani, per non risalire
fino a Moro e De Gasperi – erano tutti uomini importanti, ma la cui morte politica non significò
quella del partito. E così era anche nel Pci, con i suoi Occhetto, Berlinguer, Togliatti. Craxi invece,
notano Colarizi e Gervasoni, divenne talmente popolare e impopolare insieme da quasi uniformarsi
con il partito di cui era segretario e per il quale aveva imposto il simbolo del garofano rosso,
depennando i precedenti falce, martello e sol dell’avvenire.
Dopo Craxi la questione del leader che parla agli elettori, ad essi si rivolge, come quasi a
toccarli, è divenuta una prassi normale. Dapprima con l’amico Silvio Berlusconi, il primo che
addirittura “scese in campo” con un messaggio in diretta televisiva e a reti unificate. E poi con tutte
le altre stelle (e poi comete) politiche, che hanno irradiato il firmamento della cosa pubblica negli
ultimi decenni: Renzi, Grillo, Salvini. Rapidamente in alto su tutti i sondaggi e a tutte le elezioni e
rapidamente in basso nel giro di pochi mesi.
Che sia un bene o un male questo fatto del leader politico acclamatissimo e detestatissimo,
sempre più virale, sempre più su tutti gli schermi, sempre più su tutti i social network, questo in
realtà conta fino a un certo punto. È così che la realtà della comunicazione politica si è evoluta:
questo lavoro oggi pare che uno debba fare per scalare le vette del potere politico, e questo
registrarono Colarizi e Gervasoni nell’ormai lontano 2000. A distanza di venticinque anni e poche
settimane dalla scomparsa del segretario socialista Craxi ad Hammamet (latitante per la giustizia
italiana, ma esule secondo alcuni ex socialisti), non si può in effetti non affermare che dopo di lui la
cruna si sia praticamente spalancata e sia diventata un po’ come un baratro, parecchio alto.
Bellissimo finché si possiede la capacità di oscillarci sopra, ma catastrofico non appena l’attenzione
degli utenti/elettori diminuisca, magari distratta da qualche nuovo funambolo.

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