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sabato 5 Ottobre 2024

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A proposito delle Leggi razziali

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6 minuti

di Giuseppe Martorana

Anche se da noi, in Sicilia, il problema non fu praticamente avvertito, non lo fu altrettanto nelle città – Roma, Milano, Trieste – in cui risiedeva la maggioranza dei 44 mila Ebrei.
La legge fu applicata soprattutto nelle scuole, dalle Elementari alle Università, e colpiva sia gli insegnanti sia gli alunni e le loro famiglie. Ho avuto modo di leggere molti registri delle scuole elementari di Ficarazzi e di Bagheria dal 1938 in poi, sui quali, nelle note di cronaca, i maestri solevano trascrivere non solo le osservazioni sul profitto degli alunni ma anche sugli avvenimenti politici e i fatti di cronaca in generale. Mi sarei aspettato che qualche insegnante accennasse all’introduzione delle leggi razziali ma, tra i pochi registri esistenti (solo di Ficarazzi perché quelli di Bagheria non sono esistenti fino all’anno scolastico 1943), non ho trovato alcun appunto di commento né positivo né negativo.

Non credo che non ne parlassero solo per la paura di ritorsioni, perché è anche vero che nel paese si espresse una forte delusione e una grande indignazione di cui il Fascismo si rese subito conto, anche se apertamente non volle ammetterlo. Anche se la stampa fascista affermava che il popolo italiano aveva accolto con favore e con entusiasmo quelle leggi, gli storici Cervi-Montanelli scrivono che ”era vero esattamente il contrario. Non appena si scendeva dal livello ufficiale degli applausi orchestrati a quello dell’uomo della strada era facile avvertire – e lo avvertivano gli informatori della Polizia – un sentimento di disagio, di perplessità, di ripugnanza, alla persecuzione… la gente fu in complesso solidale con le vittime delle leggi razziali. La stampa del regime, però, insistette nel legittimare, dal punto di vista scientifico, dal punto di vista politico, dal punto di vista storico, le leggi razziali”. (1)
La stragrande maggioranza degli Italiani, infatti, fu colpita nel suo sentimento religioso e civile, e non si rendeva conto delle motivazioni che avevano spinto Mussolini a intraprendere quella strada, anche perché in precedenza aveva dimostrato in più occasioni di non condividere atteggiamenti di ostilità verso gli Ebrei, rassicurandoli che non avrebbero avuto di che temere nel nostro paese.

A questo proposito, scrive lo storico Attilio Tamaro: (2) “Si cerca inutilmente di comprendere la necessità dell’antisemitismo fascista, in quello che fu l’errore più grave e più gravido di conseguenze che Mussolini avesse commesso sino al 1938 nella politica interna. Vale a dire l’introduzione dell’antisemitismo tedesco e le leggi razziste che provocarono gli applausi di pochi fanatici, il dolore di quanti amavano seriamente il Fascismo e la disapprovazione di quasi tutti gli Italiani. Mussolini non s’accorse che contribuiva, con l’assunzione delle leggi razziali, a rendere profondamente impopolare in Italia l’Asse e l’eventuale alleanza con i Tedeschi, e con ciò la sua stessa politica”. (3)

Certo non potevano passare sotto silenzio provvedimenti quali l’esclusione degli Ebrei italiani dall’insegnamento o dalla frequenza, come studenti, di scuole statali di ogni grado e l’allontanamento degli Ebrei dagli impieghi statali.
Molti ritenevano che i rapporti con Hitler, manifestamente e dichiaratamente razzista in virtù della teoria della superiorità della razza ariana, non potevano non coinvolgere Mussolini anche se questi non ne seguì gli eccessi e le atrocità. Chi si dimostrò molto intransigente fu il ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, il quale pretese che nelle scuole si diffondesse la coscienza razzista, invitando i Provveditorati a escludere gli Ebrei da ogni incarico e supplenza, dalle elementari alle superiori; stabilì, inoltre, che non fossero più adottati libri di testo di autori ebrei e che quelli esistenti dovessero essere bonificati da una apposita commissione.

Quelle leggi, anche se in alcuni casi, non ebbero una scrupolosa applicazione, secondo me, furono l’inizio della fine dell’idillio tra il popolo italiano e il suo “trascinatore”, popolo che – scrive ancora Attilio Tamaro – non era un armento di pecore, né una massa di incoscienti ipnotizzati”. (3)

(1) Storia d’Italia volume 43 pagg. 45-46
(2) Irredentista, dopo la 1^ guerra mondiale, aderì al Fascismo ma nel 1943 venne espulso dal Partito Nazionale Fascista a causa della sua avversione all’antisemitismo. Per questo motivo non aderì alla RSI (Repubblica Sociale Italiana) costituitasi nel mese di settembre 1943 subito dopo che l’Italia si schierò contro la Germania.
(3) La politica razziale in “Gli anni del Fascismo” – volume 5° pagine 1730-1731.

 

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