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giovedì 25 Aprile 2024

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Bagheria e le cucine economiche

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Antonino Petix
martorana nuovo
di Giuseppe Martorana
7 minuti

Di solito aperte e gestite da organizzazioni umanitarie cattoliche, videro la luce in Italia nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, e non a caso le prime sorsero nell’ex Stato Pontificio subito dopo la presa di Roma del 1870 volute da Pio IX, il quale desiderava che “l’esercito dei poveri avesse sempre una minestra calda”.

     In breve tempo le cucine economiche furono create in ogni comune italiano ed ebbero larga diffusione fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. Oggi l’esercito dei milioni di poveri e di indigenti è supportato dalle Caritas cittadine.
     Indipendentemente dal funzionamento delle cucine economiche, spesso, in occasione delle feste paesane e di altre ricorrenze, venivano programmati pranzi particolari da offrire ai poveri, come quello del 27 marzo 1895 (G.di S. del 28 marzo 1895) preparato, organizzato e servito dai fratelli Scirè e da altri volenterosi che nei giorni precedenti erano andati in giro per il paese raccogliendo offerte in denaro e in beni materiali. In Piazza Madrice furono disposte, a ferro di cavallo, alcune tavole attorno alle quali si sistemarono centocinquanta poverelli che poterono gustare un’abbondante minestra di pasta, legumi d’ogni sorta e verdura (minestra di San Giuseppe), neonata di sardella in umido, sarde fritte, pane, vino e frutta.
     Anche l’attività dell’Orfanotrofio femminile, sorto per volontà del parroco Francesco Castronovo in via Palagonia, agiva meritoriamente con elargizioni della sua famiglia e di altri benemeriti cittadini. Nelle splendide sale del Palazzo Palagonia – da alcuni ribattezzato Palazzo Castronovo perché dieci anni prima era stato comprato dalla predetta famiglia – si tenevano delle feste di beneficenze il cui introito andava a beneficio dell’Orfanotrofio che più avanti prenderà il nome di Boccone del Povero. Dopo la morte dell’arciprete Castronovo, avvenuta nel mese di gennaio 1899, detto Orfanotrofio fu aggregato a quello di Palermo di Padre Giacomo Cusmano.
     L’idea per impiantare una cucina economica nella nostra città nacque all’inizio del 1901 dopo una festa di beneficenza organizzata dal barone Petix nel parco della Villa Mortillaro a favore di più di cinquecento indigenti del paese. Questi era un benefattore e si era già distinto in altre opere filantropiche dimostrando di essere portato ad aiutare chi aveva bisogno.
     In quell’occasione, il barone Petix e altri cospicui cittadini decisero di impiantare delle cucine economiche permanenti. A tale scopo fu costituita un’associazione di beneficenza denominata Principe di Palagonia, composta dai migliori elementi del paese.
Come scrive “Veritas”, corrispondente da Bagheria del quotidiano “Il Sole del Mezzogiorno”, nell’edizione del 7 febbraio 1901, lo scopo dell’Associazione era quello “di sopprimere l’accattonaggio e di promuovere nel paese la pubblica beneficenza a vantaggio delle classi indigenti”.
     Un mese dopo, e precisamente domenica 10 marzo (1901), avveniva già l’inaugurazione di dette cucine, ma si sconosce in quale locale, perché i corrispondenti dei giornali palermitani (Giornale di Sicilia, L’Ora, Il Sole del Mezzogiorno) che parlano di detta inaugurazione non ne fanno menzione. È presumibile che si trattasse dei locali di Piazza Indipendenza. Il discorso inaugurale fu tenuto dal parroco Giuseppe Formusa, alla presenza del presidente dell’associazione barone Petix e dei suoi principali coadiutori cavaliere Antonino Garaio e principe di Scalea e delle più importanti autorità del paese.
     Un altro comitato che raccoglieva fondi per finanziare le Cucine Economiche era quello della principessa di Trabia che nel mese di aprile 1904 andò a visitarle: Anche la nostra amministrazione comunale non faceva mancare un contributo annuo. 
LA CUCINA ECONOMICA di PIAZZA INDIPENDENZA                                                                  Al centro di questa piazza, conosciuta anche come luogo del marchese della Gadèra che vi possedeva una villa, si trovava la cucina economica – volgarmente detta “conomica” – fondata, come già detto, dal barone Antonino Petyx, per la distribuzione di pasti caldi ai poveri.
     In un locale a pianterreno del Palazzo vi era anche il canile municipale, dove per qualche tempo venivano custoditi i cani randagi che, se non ritirati dai proprietari o adottati da altri, venivano eliminati. In un’altra ala dell’edificio, negli anni Venti, erano sistemate tre classi delle scuole elementari.
     Intorno agli anni Sessanta del secolo scorso, l’edificio storico fu abbattuto e vi si costruì l’attuale struttura che negli anni successivi ha subito altre modifiche. In precedenza, nel 1756, nel territorio di questa piazza, quando esistevano solo poche case, il fratellastro del principe di Palagonia, Girolamo Gravina Cottone, Marchese della Gadèra – come si legge nel volume Villa Palagonia di Rosario Scaduto – aveva fatto costruire una casina definita “chiusa” perché “costituiva un fondo rustico ove venivano anche fatti pascolare e allevare bovini e caprini e ove erano coltivati mandorli, fichi d’India, e pochi ulivi”.
     Dopo il conseguimento dell’Unità d’Italia, in quasi tutte le città italiane, una piazza fu dedicata alla raggiunta Indipendenza come fece anche Bagheria, la cui intestazione ufficiale è avvenuta gia prima del 1911, anno della prima stesura dell’elenco delle vie e piazze del nostro paese.
 IL BARONE ANTONINO PETYX nacque a Casteltermini il 5 giugno 1874 e morì a Palermo il 18 ottobre 1935 – Conseguito il diploma di maturità classica, si iscrisse all’Università nella Facoltà di Legge, ma per la prematura morte del padre non poté continuare gli studi.
     Il 30 dicembre 1896 sposò Maria Felicia Mortillaro dei marchesi di Villarena dalla quale ebbe nove figli. Era un uomo profondamente religioso e di grandi qualità umanitarie. Oltre alle cucine economiche, istituì anche le Cassette del Pane di Sant’Antonio.

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