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giovedì 25 Aprile 2024

giovedì 25 Aprile 2024

Bagheria. Storia di Pietro Busetta, imprenditore onesto, vittima innocente del terrorismo mafioso

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busetta pietro
n
martino grasso
7 minuti


Ci sono storie che scivolano via, senza lasciare traccia. E altre che vale la pena riprendere dai cassetti impolverati della memoria. Per non dimenticare.
Quella che stiamo raccontando è una storia iniziata quasi 40 anni fa e che qualche settimana fa ha avuto il suo giusto epilogo. E’ la storia di un uomo onesto, dedito alla famiglia e al lavoro. Un uomo che venne ucciso dalla mafia per una parentela scomoda. Parliamo di Pietro Busetta, imprenditore onesto, ucciso la sera del 7 dicembre 1984 a Bagheria a 62 anni. La sua colpa? Era il cognato di un mafioso, Tommaso Buscetta, con cui non aveva nessun tipo di relazione. Nessuna.
Qualche settimana fa la sede del comune di via Federico II è stata a lui dedicata.
Adesso campeggia una targa sul prospetto principale che ne ricorda l’indiscussa onestà: “Pietro Busetta. Vittima innocente del terrorismo mafioso”.
La famiglia ha atteso 39 anni, ma finalmente ha avuto quello che sperava.
Per il figlio Giovanni, 66 anni, quel giorno è stato pieno di emozione. “E’ stato un giorno per noi incredibile e molto emozionante.”

Ma chi era Pietro Busetta?
“Mio padre era una persona dedita alla famiglia e al suo lavoro. Aveva fatto la guerra. Era stato in Russia un anno e mezzo. Quando tornò si sbracciò e incominciò a lavorare. Negli anni del dopo guerra disegnava le lenzuola che poi le ricamatrici preparavano per i corredi. Poi creò una sua fabbrica. I bicchieri di rosolio che giravano in Sicilia erano tutti disegnati da lui. Poi decise di trasferirsi a Bagheria. Nel frattempo si era sposato con mia madre. I due ebbero 5 figli.”
A Bagheria Pietro comprò un appezzamento di terreno, in via Federico II, dove costruì la sua fabbrica, la Dap. Produceva oggettistica in porcellana, da lui disegnata. Con il tempo il fatturato era aumentato. La clientela cresceva. Avevano 15 operai. Anche il figlio Giovanni, giovanissimo, lavorava al suo fianco. Era una famiglia normale, dedita al lavoro.
“Mio padre mi ha insegnato ad essere onesto. A lavorare sodo e a non vantarsi mai. Diceva che sono gli altri a dovere riconoscere i tuoi pregi. A Bagheria era molto conosciuto e apprezzato.”
Il 7 dicembre 1984 è una data che sconvolse la vita della famiglia Busetta. Per sempre.
“Di quel giorno ho ricordi a pezzi. Era la vigilia dell’Immacolata. Dovevamo cenare tutti insieme. Uscii per comprare lo sfincione. Lungo il corso Umberto mi fermai da Salerno per comprare un disco. Vidi passare due macchine dei carabinieri con le sirene spiegate. Pensai ad una rapina. Mi avviai verso casa, in via Roccaforte. Vidi confusione. Mi avvicinai e vidi molte persone davanti al New Hall Garden. Sotto casa mia. Vidi carabinieri e tanta gente. Mi avvicinai ma venni fermato. Non capii cosa stesse succedendo. Poi vidi un lenzuolo bianco sopra un corpo. Vidi delle scarpe e delle calze celesti. Ricordo che mio padre indossava le calze celesti. Gli chiedevo perchè. Scherzando diceva: “sono un artista”. Realizzai che quel corpo era il suo. La realtà divenne confusa. Ovattata.” Il dolore schiacciò Giovanni. La morte del padre era insopportabile. Cercò di stare vicino alla mamma. Pochi ricordi. Confusi. Promise al padre che non sarebbe morto una seconda volta e che avrebbe continuato la sua attività.
I giorni successivi furono durissimi. A Giovanni e alla famiglia venne assegnata una scorta. Si temeva per la loro vita. Nel frattempo gli affari crollarono. La maldicenza e il sospetto avvolse la famiglia Busetta. La gente scappò.
“Molti si allontanarono. Per la gente perbene eravamo parenti di un delinquente, di un mafioso, quindi forse anche noi mafiosi. Dalla parte dei mafiosi, eravamo quelli inavvicinabili, perché eravamo i parenti dell’infame, del pentito. Ci siamo trovati in una sorta di limbo. A non vivere più. Ci dissero di andare via da Bagheria. Ma io decisi di rimanere. Il mio sogno era vivere un giorno, in cui tutti si sarebbero resi conto che mio padre era una persona onesta. Vittima del terrorismo mafioso. La mafia colpì la persona più lontana, per dimostrare al cognato che poteva arrivare a chiunque.”
Quelli successivi furono anni difficili. Per dieci anni la famiglia di Giovanni Busetta ha vissuto sotto scorta. Nel frattempo il palazzo venne venduto al Comune di Bagheria. La fabbrica venne trasferita nella sede lungo la via statale 113, dove si trova anche adesso, gestita dalla famiglia di Giovanni e dai figli: Marco e Pietro. Il lavoro non è più come prima, ma vanno avanti, con dignità.
Il 2 aprile del 2002 Tommaso Buscetta morì.
“Quel giorno fu per noi la liberazione. La sua morte ci ha liberato e allontanato dalla nostra mente tutto il contesto che lui alimentava e che opprimeva noi. Ho anche pensato: sono riuscito a rimanere vivo.”
Il 15 aprile 2023 scorso, con una cerimonia ufficiale, la sede dell’ex Dap è stata dedicata a Pietro Busetta. Sul prospetto principale campeggia una targa in marmo bianco con il suo nome. Busetta ha riacquistato tutta la sua dignità di uomo. Chi passerà da via Federico II, alzando gli occhi, potrà vedere la targa che lo ricorderà per sempre. Tutti, finalmente, potranno ricordare quello che era: un uomo onesto. Onesto.

busetta giovanni e padre
palazzo busetta
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