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giovedì 22 Maggio 2025

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Casteldaccia. Posta una targa per ricordare la morte dei cinque operai che persero la vita durante il lavoro

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3 minuti

Una targa per ricordare la tragica morte dei 5 operai, avvenuta a Casteldaccia, il 6 maggio dello scorso anno, mentre stavano lavorando in una pompa di sollevamento, lungo la strada statale 113.

La manifestazione è stata organizzata dai sindacati Feneal UIL, Filca Cisl e Fillea Cgil.
Oltre allo svelamento della targa, si è svolto anche un dibattito sulla sicurezza sul lavoro.
Ieri mattina ha avuto luogo nella nella chiesa Santissima Immacolata a piazza Matrice una messa in suffragio degli operai morti. Presenti anche i familiari delle vittime e i segretari nazionali di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil Pasquale De Vardo, Francesco Danese e Piero Ceraulo, insieme ai segretari regionali Potenza, D’Anca e Pistorio.
Nel corso della manifestazione sono stati ricordati i lavoratori che persero la vita: Epifanio Alsazia, 71 anni, il contitolare della ditta Quadrifoglio; Giuseppe Miraglia 47 anni, Roberto Raneri, di 51 anni, Ignazio Giordano, di 57 anni e Giuseppe La Barbera, 28 anni.
E’ intervenuto anche il magistrato Bruno Giordano ex direttore ispettorato nazionale, Alessandro Bellavista, docente della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Palermo, il penalista Fabio Lanfranca che ha dato un grosso contributo a Feneal Filca e Fillea nella stesura dello statuto della nuova associazione vittime del lavoro. 

Quel maledetto 6 maggio i 5 operai si trovavano nell’impianto di sollevamento fognario di Casteldaccia, lungo la strada statale 113, ma in poco tempo si trasformò in una camera a gas mortale. Gli operai erano impegnati in lavori di manutenzione.
In breve tempo persero i sensi e per loro non ci fu niente da fare. Morirono non per asfissia, ma per “un’intossicazione acuta e letale da acido solfidrico”, che rappresenta uno dei gas più temibili. Un gas inodore e subdolo. E non lasciò scampo ai 5 operai. I lavoratori non avrebbero indossato dispositivi di protezione come autorespitatori. Pare inoltre che non avrebbero avuto alcuna formazione sulle modalità di intervento e le misure di sicurezza da adottare in ambienti confinati come quello.
I cinque operai lavoravano per una ditta in subappalto per conto della municipalizzata Amap. Quattro furono quelli che riuscirono a salvarsi, uno venne ricoverato ma ben presto si riprese.

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