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lunedì 14 Luglio 2025

lunedì 14 Luglio 2025

“Cronaca di un’astensione annunciata”

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referendum fallito
marco maggiore
marco maggiore
5 minuti

Il numero da cui partire è 52, ossia il numero di referendum abrogativi svoltisi in Italia dal 1992 al 2025. Dei 52 quesiti referendari, distribuiti in 12 tornate elettorali, soltanto 23 hanno raggiunto il quorum. Non ne fanno parte quelli proposti nelle giornate di domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025, per i quali si è registrata un’affluenza alle urne pari al 30,6%.

I numeri da soli non dicono nulla. Una lettura semplice e rapida delle cifre produce l’idea che gli italiani siano un popolo menefreghista, tendenzialmente pigro e incapace di difendere i propri diritti. Ogni fenomeno politico, tuttavia, deve essere inquadrato sotto la giusta luce al fine di diventare materia di dibattito.
Le cause dell’astensionismo sono molteplici e, probabilmente, non è neppure possibile riuscire a individuarle tutte. Alcune, però, sono più evidenti di altre.
La disconnessione tra politica e cittadini
L’interesse verso la politica ha bisogno di incentivi concreti e tangibili. Primo fra tutti, quello di dare un volto reale a chi se ne occupa. Nel nostro paese le leggi elettorali non prevedono l’espressione diretta delle preferenze dal 2001. In sostanza, i deputati sono per la gran parte espressione delle segreterie di partito, dalle quali dipendono le loro future candidature. Il legame con il territorio di appartenenza è andato perduto irrimediabilmente. I circoli locali sono un residuo storico, che si animano solo quando il partito di riferimento è sulla cresta dell’onda. Ne consegue che pochissimi esponenti politici abbiano interesse a parlare con i cittadini e spiegare le ragioni del proprio operato.
Strettamente correlato a questo aspetto è il continuo ricorso al civismo per le elezioni comunali. Per quanto sia nobile affermare che gli interessi della comunità vengano prima dei simboli, il civismo è troppo spesso una foglia di fico, utile a condensare all’interno della stessa coalizione candidati con un gran numero di voti. Eliminata qualsiasi distinzione in ambito comunale, diviene difficile operare una distinzione sul piano ideologico sul piano regionale e ideologico. Cosa che, peraltro, facilita il consueto trasformismo di chi non si sbottona nel passare dalla sinistra alla destra e viceversa.
La Seconda Repubblica e il ruolo del Parlamento
Anche l’anno indicato come punto di partenza per contare il numero di referendum abrogativi non è casuale. Il 1992 rappresenta la nascita della cosiddetta seconda repubblica, nata dalla dissoluzione dei partiti tradizionali e dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi. Senza alcuna particolare nostalgia per la classe politica del passato, segnata da altrettante fragilità e contraddizioni, è indubbio che il parlamento negli ultimi tre decenni abbia diminuito, se non esaurito, la propria capacità di accogliere le esigenze del paese in una coerente stagione di riforme, per diventare teatro di scontri più di forma che di sostanza.
I quesiti sul lavoro presentati agli elettori nel fine settimana rispondevano ad aspetti tecnici molto complessi, sui quali non era scontato arrivare con le idee chiare. In una democrazia rappresentativa temi tanto cruciali devono essere discussi e approvati da coloro che sono deputati (parola non banale) a farlo.
Allo stesso modo un referendum non può trasformarsi in una sorta di plebiscito contro i governi di turno. I sostenitori del sì non voteranno necessariamente per le opposizioni, né gli astenuti si sono tenuti lontani dalle urne per prese di posizione ideologiche.
L’astensione: un sintomo, non la malattia
Infine, appare deleteria la classica levata di scudi nei confronti di chi non esercita il diritto al voto. L’astensione è il sintomo, non la malattia. Un sistema democratico richiede un equilibrio costante tra le parti, frutto di una coscienza collettiva. I grandi temi sociali, etici o economici sono, invece, scomparsi dal dibattito pubblico. Salvo farsi vivi, quasi sempre, prima di sottoporsi alla mannaia della cabina elettorale vuota.

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