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venerdì 26 Aprile 2024

venerdì 26 Aprile 2024

Gli scandali nel calcio che hanno sfiorato il Bagheria

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9 minuti

martoranadi Giuseppe Martorana
La compravendita di gare, nell’ultimo Campionato di serie B – ma non solo di quello – che vede coinvolto pesantemente il Catania, anche per le ammissioni del suo stesso presidente Nino Pulvirenti, mi fa pensare quanto sia vecchio questo malcostume che, secondo me, è nato contemporaneamente alla nascita del gioco stesso, ma soprattutto quando l’interesse di vincere un campionato o di salvarsi dalla retrocessione cominciò a diventare spasmodico. Lo ha detto Pulvirenti stesso, quando ha dichiarato di averlo fatto per amore verso il suo Catania. Non stupiamoci se per l’avvenire vedremo il ripetersi di simili azioni criminose (o salva campionati?), anche perché gli interessi delle Società si faranno sempre più consistenti. Riflettiamo su questi due modi di dire: Vita mea, mors tua e Homo homini lupus, che si sono sempre ripetuti nella storia millenaria, anche dopo l’avvento del Cristianesimo.

Nei miei 35 anni di dirigente sportivo della prima squadra bagherese, praticamente dai primi anni Sessanta fino al 1986, ho avuto anche delle esperienze personali di cui parlerò fra breve. Ma dagli anni Cinquanta, quando cominciai a seguire il calcio molto da vicino, sia come spettatore che come corrispondente sportivo del Giornale L’Ora, ho sempre sentito parlare di scandali che si verificano nel mondo del calcio. Ai risultati di certe partite si attribuiscono epiteti molto originali come “Pasta con le sarde”,“Pastetta”, “combine”, “accomodamenti” con o senza esborso di danaro, etc., senza contare tutte le volte che le due squadre contendenti cercano di non farsi del male, perché il risultato di parità sarebbe stato comodo ad entrambe. E non parliamo di calcio-scommesse!

Già durante il campionato di Promozione della stagione 1953-54, al termine del quale la nostra squadra fu promossa in Quarta Serie (Serie D), c’erano stati tentativi di corruzione nei confronti di nostri calciatori. Si vociferava che ad essere stato avvicinato fosse stato uno di nostri attaccanti più bravi, La Mantea (giocatore proveniente dal Palermo), il quale, rifiutandosi categoricamente, avrebbe anche esclamato: “A Bagheria u zu Ninu a lupara nesci”.

Durante la presidenza di Pippo Barone, succeduto a Renzo Barbera nei primi anni Settanta, poi eletto presidente del Palermo, questi, cioè Pippo Barone ebbe sentore che qualche giocatore del Bagheria si lasciasse “corteggiare” e che avesse il vizietto del “ci sto”, a volte creando situazioni di disagio in seno alla squadra e malcontento nella tifoseria.

Una volta capitò alla nostra squadra la necessità di ricorrere al… “Monte dei pegni”, e fu mestieri agire con discrezione per evitare eventuali “ripensamenti-pentimenti-confessioni” del calciatore corrotto, con le conseguenze disciplinari facilmente prevedibili. Pippo Barone, però, non lasciava mai tracce, non prendeva contatti telefonici, non delegava altri dirigenti, non parlava mai, ma, quando si trovava alla presenza del giocatore disponibile, scriveva su un foglietto di carta l’eventuale richiesta e il relativo compenso; invitava l’altro a rispondere con opportuni gesti. Chi aveva questo vizietto, del resto, sapeva come comportarsi! Di solito i giocatori chiacchierati erano i difensori con i prima fila i portieri.

Un episodio molto simpatico si verificò all’ultima giornata del campionato di Serie D dell’anno 1970-71 che vedeva di fronte la Juve Bagheria e il Canicatti; la nostra squadra era costretta a vincere per ottenere quei due punti che le avrebbero consentito di raggiungere sia il Canicattì che il Ragusa che la precedevano in classifica. Dopo il primo tempo, il risultato era ancora inchiodato sullo 0-0 e tutti eravamo in apprensione per la mancata segnatura di almeno una rete. Anche “a Za Ciccina”, moglie del custode dello stadio, era in apprensione e pensò bene di ricorrere all’aiuto dei Santi e precisamente di San Giuseppe, del quale aveva un quadro nella stanza da letto (abitava nei locali dello stadio). Corse a prenderlo e, mentre assisteva al secondo tempo, se lo mise accanto e gli diceva: “Sanciusippuzzu facitinni vinciri, facci ‘na priiera a Beddamatri e o Signiruzzu, pirdunami i me piccati”. Fatto sta che dopo pochi minuti, un giocatore del Canicattì commise un fallo da calcio di rigore, subito concesso dall’arbitro e realizzato da Taibi. Il risultato era sbloccato ma si dovette soffrire sino al novantesimo minuto per potere festeggiare. A Za Ciccina, finita la gara con la raggiunta salvezza, entrò in campo con tutto il quadro di San Giuseppe e rivolgendosi ai nostri giocatori diceva: “Vasativillo ca iddu nni fici vinciri”. Ma tra i nostri giocatori ce n’era uno del Canicatti che si era tolta già la maglia, il quale, pensando che la signora volesse sfotterlo, le disse: “Si canziassi Vossia e San Giuseppi puru ca è cchiù…. di l’arbitru…” e le diede quasi uno spintone.

Miracolo di San Giuseppe, casualità o partita comprata? Questo non si saprà mai perché, come dicevo, Pippo Barone, da grande gentiluomo qual era, agiva segretamente e solo per necessità, specie quando bisognava sopperire alla “defaillance” di un nostro giocatore che si era verificata in altra gara.

Ed ora l’episodio che mi ha visto protagonista. Alla fine del Campionato di Promozione 1974-75, proprio nell’ultima gara, ancora una volta, Bagheria e Canicattì si trovano di fronte; il Canicatti è secondo in classifica, senza alcuna possibilità di raggiungere l’Alcamo distaccatosi di quattro punti. La Juve Bagheria, invece, è coinvolta nella lotta per non retrocedere. Per inciso, ricordo che Pippo Barone ci aveva lasciato un anno prima per un brutto male. Il presidente era Filippo Di Salvo, mentre io ricoprivo la carica di segretario.

In società decidemmo di “fare” qualcosa per salvare la squadra, anche se eravamo convinti che il Canicattì, ormai in disarmo, non ci avrebbe rovinato, almeno con un pareggio, la possibilità della salvezza.

Vengo delegato di contattare Mister X, vero deus ex machina in situazioni del genere. Ha voluto ventiquattr’ore di tempo, quindi mi comunicò di non poterci aiutare, il che era presumibilmente una brutta notizia. Chiamai allora un altro factotum del calcio siciliano, il quale chiese anche lui un giorno di tempo, dopo di che mi assicurò che la “cosa” era stata concordata mediante l’offerta di un “caffè”ad un difensore del Canicattì; non mi disse chi. Quel milione doveva essere versato a risultato conseguito, e ciò costituiva almeno un gesto di correttezza e di onestà. Questo signore, però, stava bleffando, essendo certo che il Canicattì ci avrebbe fatto quanto meno pareggiare e che il Bagheria stesso avrebbe disputato una gara all’ultimo sangue. Ed invece…fu proprio il Canicattì che giocò solo per vincere. E noi ci chiedemmo per conto di quale squadra i suoi giocatori avevano dato il massimo…

Proprio quest’ultima giornata di Campionato, però, viste le risultanze, fu definita quella dell’onestà. Il Canicattì, infatti, se ne infischiò delle necessita della nostra squadra e si portò via entrambi i punti; Campobello di Mazara e Salemi (squadre di centro classifica), a loro volta, batterono Esakalsa e Real Termini, determinandone la retrocessione e consentendo la salvezza della Juve Bagheria. Una volta tanto anche l’onestà al primo posto! Ma possiamo essere certi che sia stato tutto così limpido?

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