Si rifiutò di alterare le prove dopo avere ricevuto l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata da uno dei killer che, nel dicembre del 1981, avevano scatenato una sparatoria tra le vie di Bagheria, con quattro morti come risultato.
L’impronta, che apparteneva a Giuseppe Marchese, esponente di primo piano della cosca di Corso dei Mille, era l’unica prova che poteva incastrare gli assassini. Il medico ricevette delle pressioni perché aggiustasse le conclusioni della perizia dattiloscopica. Paolo Giaccone rifiutò ad ogni invito e ad ogni minaccia, e il killer, fu così condannato all’ergastolo.
L’11 agosto 1982, mentre si recava all’istituto di medicina legale, Giaccone fu raggiunto tra i viali alberati da due killer e ucciso con 5 colpi di pistola Beretta 92.
In seguito il pentito Vincenzo Sinagra rivelò i dettagli del delitto, indicando come esecutore materiale il killer Salvatore Rotolo, che perciò venne condannato all’ergastolo.
Quel 25 dicembre 1981, alle 11,00, circa, tre auto inseguirono tra le strade di Bagheria e gli occupanti spararono all’impazzata.
Alla fine vennero uccisi Giovanni Di Peri, boss della famiglia di Villabate, Biagio Pitarresi e un uomo che stava uscendo di casa, Onofrio Valvola. Pare che il commando, composto da uomini della cosca di corso dei Mille, capitanati da Filippo Marchese, finiti i colpi, rapirono e uccisero in seguito Antonino Pitarresi.
Paolo Giaccone aveva 53 anni quando venne ucciso. Docente universitario, insegnò antropologia criminale alla facoltà di giurisprudenza, e fu ordinario di Medicina legale alla facoltà di medicina dell’università di Palermo. Giaccone divideva il suo impegno tra l’istituto di medicina legale del Policlinico, che dirigeva, e le consulenze per il palazzo di giustizia. Fu anche Presidente dell’Avis Regionale.