L’efferato omicidio di tre giovani vite a Monreale squarcia con violenza il velo, spesso sottile e ignorato, del profondo disagio che serpeggia tra le nuove generazioni, qui a Palermo come altrove.
Questa tragedia non è un fulmine a ciel sereno, ma un sintomo brutale di un malessere più ampio che fatichiamo ad affrontare con la dovuta serietà e urgenza.
Questi ragazzi ci interrogano sulle fragilità, le solitudini e le disperazioni che possono annidarsi anche dietro facce giovani e apparentemente spensierate. Ci costringono a guardare oltre la superficie, a chiederci quali vuoti, quali mancanze di prospettive, quali silenzi assordanti possano aver contribuito a un simile orrore. È facile, di fronte a eventi così sconvolgenti, invocare la mostruosità del gesto, la devianza individuale. Ma forse, ed è un forse doloroso e necessario, dovremmo interrogarci anche su quanto la nostra società, le nostre istituzioni, le nostre comunità siano in grado di intercettare e rispondere al disagio giovanile prima che degeneri in tragedia.
La mancanza di opportunità concrete, la precarietà del futuro, la pressione di modelli di successo irraggiungibili, la difficoltà nel trovare ascolto e supporto emotivo: sono solo alcune delle sfide che molti giovani si trovano ad affrontare. Un senso di alienazione e di impotenza può insinuarsi, erodendo la speranza e aprendo la strada a derive pericolose.
Non possiamo più permetterci di derubricare le difficoltà dei giovani a “crisi adolescenziali”. È necessario investire seriamente in politiche di supporto psicologico, in percorsi di istruzione e formazione che offrano reali prospettive, in spazi di aggregazione sani e inclusivi dove i ragazzi possano sentirsi ascoltati e valorizzati. Ci stringiamo attorno alle famiglie colpite, offrendo sostegno e vicinanza, ma questo non basta.
È il momento di unire le forze, istituzioni, famiglie, scuole, associazioni, per costruire un tessuto sociale più attento e capace di prendersi cura dei suoi giovani, affinché nessuna altra vita venga spezzata in questo modo, affinché il disagio non trovi più sfogo nella violenza e nella disperazione.
Pina Provino, insegnante