È il titolo di una composizione in versi pubblicata il 20 novembre 1906 dal giornale palermitano “La Provincia” che da poco aveva cominciato a interessarsi degli avvenimenti politici della nostra città. Il corrispondente di Bagheria, che si firmava con lo pseudonimo “Ignoto”, nei suoi pezzi prendeva di mira l’Amministrazione comunale criticandola al massimo, così come facevano i giornali prettamente locali, i quali “maltrattavano” non solo il clero del paese considerato “pretume ignorante e sudicio” ma anche gli amministratori definendoli “gesuiticamente bacchettoni” . Già nel numero del 30 settembre il giornale scriveva: “… poiché la lotta tra i partiti è trascesa anche nei pubblici Comizi, poiché il clero, lo stesso clero, è diviso in due campi distinti e separati, nemici come siamo dei mezzi termini, fustigatori dei falsi preti, non vogliamo però prestarci alla equivoca fede liberale massonica burlesca degli arruffoni. Pertanto cominceremo ad occuparci delle cose di Bagheria, cittadina importante di per se stessa e per il suo commercio, dilaniata dai partiti ed oggi anche dalle scissure del clero”.
Nel numero successivo, lo stesso giornale auspicava che il Ministro dell’Interno procedesse allo scioglimento del Consiglio comunale per indire nuove elezioni in modo che il Prosindaco avvocato Baldassare Scaduto cessasse dal suo mandato, visto che il sindaco titolare, eletto nel 1901, il farmacista Francesco Paolo Di Pasquale, già dal 1904 non svolgeva regolarmente le sue funzioni. Tra l’altro l’opposizione aveva criticato aspramente il Consiglio in considerazione che, invece di nuove elezioni amministrative che dovevano celebrarsi proprio nel 1906, l’Assemblea municipale si fosse riunita in seduta straordinaria l’11 agosto, su proposta del consigliere Giovanni Nasca, deliberando di non indire le elezioni e di non nominare un nuovo sindaco perché l’Amministrazione comunale poteva, come per il passato, essere diretta dall’assessore anziano Cav, Avv, Baldassare Scaduto che – affermava la delibera – “con tanto amore e intelletto ha potuto fare risolvere al Consiglio degli ardui problemi aventi di mira il miglioramento civile, economico e igienico del paese”. La proposta era stata accettata con 23 voti su 23 votanti. Il Consiglio contava 30 componenti.
Una volta rimasto in carica, Baldassare Scaduto . per gli amici Batassaru – dovette sostenere una lunga e vivace lotta contro la minoranza che con ricorsi e altro cercava di ostacolare la concessione di pubblica utilità per il rettifilo da realizzare; questi affermava che le argomentazioni in contrario messe avanti da pochi avversari erano contrari agli interessi del paese.
Portavoce dell’opposizione era l’avv. Salvatore Caputo, il quale, su L’Ora del 19 settembre 1906, sostenne che avversò sempre il Rettifilo non per l’opera in se stessa ma per l’opportunità di essa in quel momento, di fronte ai bisogni più urgenti e vitali del paese e, considerato che il decreto di pubblica utilità era stato ottenuto, non facendo l’opposizione per l’opposizione, invitava l’on. Francesco Aguglia a fare ottenere dal Governo il sussidio in modo che il paese potesse risentire il meno danno possibile del fatto compiuto.
Come dicevo prima, il giornale palermitano “La Provincia” era quello che più bersagliava l’amministrazione del Prosindaco Scaduto, anche per certe minacce che da parte di qualcuno sarebbero state fatte al rivenditore bagherese di quel giornale invitandolo a non mettere in vendita le copie che riceveva da Palermo. Di ciò, però, parleremo in altra occasione.
L’avvocato Scaduto era costretto a difendere la sua amministrazione e la sua Giunta, anche se mal digeriva la campagna a volte cattiva, denigratoria e satirica di quel giornale e delle testate bagheresi che non erano da meno. Godeva però della stima della cittadinanza che vedeva in lui e nell’onorevole Aguglia una coppia capace di risolvere i numerosi problemi di Bagheria che erano stati già programmati.
Trascriviamo ora la composizione in versi di cui parlavamo all’inizio.
Lu lamentu di Don Batassaru
Talè, talè che greviu,
lu scherzu si fa lariu
mi chiamanu, mi dicin
Picata strafalariu.
Si veni l’arcivescuvu
mi lassanu nnarreri,
si dicu: Sugnu Sinnacu
mi pistanu li peri.
Accarizziu lu parracu
ci vogghiu fari paci
però tutti mi ricinu
di farlu a taci maci
Si parru d’una nomina
e tutti hannu chi diri,
si fa una gran bardoria
cui s’offenni e cui riri.
Cu stu consigghiu è inutili
ci su li traritura,
si l’avvisi si sgarranu,
cu li giurnali allura.
A Martisicchiu (1) attaccanu,
ci dicinu ch’è sceccu,
e poi si fa miraculi
ci mettinu lu peccu.
Iu sugnu stancu cridimi
Giggiuzzu (2) a lu niputi
già ntra li me cuntrarii
ci su tanti Scaduti.
Amici, mala tempora
currunt, vi salutu.
Si dimetti di Sinnacu
Batassaru Scadutu
Firmato – Un figghiu spuriu di l’abbati Meli
(1) Non è riconducibile ad assessore o consigliere comunale in carica. Potrebbe trattarsi del diminutivo dialettale del cognome Maltese in quanto Enrico Maltese è stato segretario comunale (nel 1920 lo era).
(2) Potrebbe riferirsi ad uno degli assessori di nome Luigi (Giggiuzzu) Castronovo e Castiglia.