Sono uno che davanti a un film, se la proposta è nuova e il mood è quello giusto, spesso si
commuove. E i film che mi suscitano un’emozione sono anche quelli di cui poi – negli anni – tendo
a ricordarmi meglio. Non credo che mi dimenticherò dell’ultimo che mi ha commosso: Anna dei
miracoli, in cui mi sono imbattuto – diciamo casualmente – qualche giorno fa.
È una pellicola in bianco e nero del 1962, diretta da Arthur Penn ed interpretata da Anne Bancroft (moglie del comico Mel Brooks) e da un’attrice bambina chiamata Patty Duke. Per il film, entrambe vinsero l’Oscar del 1964 rispettivamente come attrice protagonista e non protagonista.
Si narra la vera vicenda (anche se non mi sono documentato su quanto lo sia: ma chi se ne
frega; il film è bello!) della scrittrice e attivista americana Helen Keller, sordo-cieca dal primo anno
di vita. Vicenda che s’intreccia con quella dell’insegnante e ricercatrice Anne Sullivan, anch’essa
ovviamente esistita e da cui il film prende il nome. E quali sono questi miracoli di cui Anne è
fautrice? Nessuna camminata sulle acque o moltiplicazione di alimenti. Né succede che la bimba
torna a vedere o sentire: scordatevelo, il film è fortemente realista dall’inizio alla fine. Quello che
Helen riceve da Anne è il miracolo dell’educazione.
Lasciata per troppo tempo in balia di genitori amorevoli ma fin troppo coinvolti e dunque
incapaci, la ragazzina alle soglie dell’adolescenza era ormai divenuta una selvaggia in casa;
abbastanza grande da poter diventare fastidiosa quando non pericolosa eppure ancora sorda, cieca e
arrabbiata. Siamo alla fine dell’Ottocento: un secolo e mezzo fa. Tutti i progressi nel campo della
sensibilizzazione sulle tematiche legate alle disabilità, se li sognavano. Eppure il film racconta di un
episodio che è effettivamente accaduto. Sui metodi con i quali Anne riesce a far uscire Helen dal
suo guscio, potrei parlare per ancora molte altre righe e probabilmente spoilererei il film più di
quanto non abbia già fatto, rovinandone la fruizione mentre l’intenzione sarebbe consigliarne la
visione. Ma il punto è trattare ogni soggetto con la dignità che merita. Che significa (come oggi si
sa bene) intervenire per colmare i gap di cui le persone con disabilità potrebbero soffrire. Ma non
significa assecondarli ciecamente, né adularli, né dirgli «quanto sei bravo» quando con
consapevolezza sbagliano o non accettano d’imparare o di crescere. Nel film Anne rispetta Helen. E,
proprio perché la rispetta, la educa anche duramente, se è il caso.
Il film non lo mostra, ma Helen Keller divenne la prima donna sordo-cieca al mondo a
ricevere una laurea. Come scrittrice e insegnante, campò del suo lavoro e fece anche dell’attività
politica nella sinistra americana dell’epoca. Ebbe una vita invidiabile. E tutto cominciò dalla
caparbietà di un’insegnante, un po’ sopra le righe. Di tutto questo e di molto altro il commovente
Anna dei miracoli parla. Io lo consiglio a tutti, ma se dovessi menzionare una categoria specifica lo
consiglierei a tutti gli insegnanti, quelli curricolari come quelli di sostegno, e a quelli di sostegno
per caso. Spero che il film riesca a motivarli e incoraggiarli tanto quanto, da precario della scuola, ha fatto con il sottoscritto.