L’omicidio di Sara Campanella, la giovane ventiduenne di Misilmeri, uccisa a Messina a coltellate, da un 27enne, scuote anche la collettività di Bagheria. Sara, infatti, aveva frequentato il liceo classico “Francesco Scaduto” di Bagheria.
E come sempre accade in questi casi, il popolo dei social si è buttato a capofitto invocando la pena di morte o il linciaggio verso l’assassino. Che non merita pietà.
L’omicidio di Sara è soltanto l’ultimo di una lunga serie. E ogni anno contiamo le vittime del femminicidio (parola orribile).
E sembra che i numerosi convegni o le marce, che vengono organizzati puntualmente, servono davvero a poco. Si cercano soluzioni, si parla di normative giuridiche, ma nei fatti, il problema non viene risolto assolutamente. Anzi.
In queste settimane non si fa altro che parlare della serie tv “The Adolescence” in onda sulla piattaforma Netflix, in cui con estrema crudezza si accendono i riflettori sul malessere giovanile che spesso sfocia nella violenza, come nel caso dell’omicidio di Sara, quello di Roberta Siragusa qualche anno fa a Caccamo, o del protagonista della serie che uccide una coetanea.
Gli esperti puntano il dito sulla famiglia, la comunità, la scuola, la tv, i social. La colpa è sempre degli altri.
Penso che i giovani stiano attraversando un malessere strisciante che gli adulti non vedono o non vogliono vedere.
Penso che non si dovrebbe accusare nessuno: ognuno dovrebbe porsi una semplice domanda: cosa posso fare io per arginare il fenomeno? Non c’è una risposta giusta.
Fare il genitore è il mestiere più difficile del mondo. Ma forse è giunto il momento di non demandare più agli altri l’educazione dei propri figli.
Sono i genitori che devono posare i telefonini e trascorrere più tempo con i figli. Anche semplicemente andando a mangiare una pizza. In silenzio. Guardandoli negli occhi. Ed essere disposti ad ascoltarli.