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sabato 27 Luglio 2024

sabato 27 Luglio 2024

Al terzo ingresso e per la pace. Sulla scomparsa di Mariano e Salvatore

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Nino Amato
8 minuti

E così dopo tanti anni, 30 per l’esattezza, ci siamo ritrovati lì, nel luogo dove li videro per l’ultima
volta, al “terzo ingresso” (accesso al mare in contrada Gelso di Casteldaccia) insieme alle famiglie
dei due ragazzi, all’instancabile avvocato Zizzo legale dei Colletta alle forze dell’ordine ai giornalisti,
ai sindaci di Altavilla Milicia e Casteldaccia ed a tanti non più giovani coetanei di Mariano e Salvatore.
Ricordo di avere scritto molte volte di questa triste vicenda di avere partecipato a fiaccolate,
trasmissioni televisive assemblee ma prevale ancora il bisogno irrefrenabile di appellarsi alla ricerca
della verità che non può essere solo dei protagonisti più vicini e direttamente colpiti ma deve
appartenere all’intera collettività .

Oggi riprendendo proprio alcuni spunti di quegli articoli accosto il dolore visto ancora ieri sul volto
della madre di Colletta al dolore delle madri che in questi giorni piangono i loro figli in guerra, che
vanno a morire negli scontri delle città Ucraine o sotto i bombardamenti dei Russi.
Il tema del dolore e della guerra , della solidarietà e della convinzione della ricerca della verità
riproposto oggi a scuola a giovani che potrebbero vedere lontana la guerra, il suo dolore e la sua
tragedia, a giovani che hanno avuto attorno a loro una comunità in guerra ma incapace di
comunicarne il dolore ed il senso di solidarietà e riscatto che ne deve derivare per la conquista della
libertà e della pace. Una terra la nostra che in un decennio di guerre e violenze mafiose culminate
nelle stragi che videro morire Giovanni Falcone e Paolo Borsellino subì anche a scomparsa dei due
ragazzini di Casteldaccia.
Basterebbe poco dicevamo anni fa, basterebbero forse anche piccolissimi gesti a ridare dignità e
ragione a quelle tante vittime inoccenti al loro ricordo e soprattutto alle loro famiglie ed alle loro
comunità.
Se la morte violenta è da considerarsi un “fatto sociale gravissimo “, un vero e proprio
sconvolgimento, non soltanto nel gruppo familiare, ma anche in seno all’intera comunità, la morte
non confermata (la scomparsa o peggio “la lupara bianca”) frantuma l’equilibrio attivo della vita
privata , ma anche quella collettiva e questo vuoto sociale dipende anche dal ruolo e dalla posizione
che lo scomparso aveva nella vita della società; la scomparsa di ragazzi più delle altre annienta non
solo la “persona fisica” ma anche la “persona sociale” e lascia in sospensione, in una sorta di
galleggiamento perenne, il loro rapporto con i rispettivi gruppi familiari e la comunità che li
accoglieva, creando e diffondendo per lungo tempo un alone di oscurità e paura che immobilizza e
rende silenti.
E la mente corre a quegli anni, alle paure per quella guerra di mafia durata tanti anni , ai suoi tanti
scomparsi, alle morti per strada, ad una guerra poi trapiantata anche nelle famiglie e nelle teste
delle giovani generazioni per la scomparse avvenute accanto a Noi, di adulti prima e di ragazzi, come
appunto Mariano e Salvatore .
Salvatore Colletta e Mariano Farina, 15 e 13 anni, quel 31 marzo del 1992 scomparvero infatti nel
nulla di una Casteldaccia per lo più silente per altri eventi simili, e per di piu’ in un luogo ancora
fortemente ammorbato da presenza mafiosa e di suoi sostenitori. Fra mille segnalazioni di
avvistamento e mille ipotesi tanto realistiche tanto più drammatiche, le famiglie non hanno avuto
più reali notizie.
ll dolore ha sconvolto le famiglie, una sorella, quella di Salvatore Colletta, Mariagrazia, nata due
anni dopo la sparizione del fratello dice di “Un’assenza – che è costante presenza nella mia vita.
Sono cresciuta con lui attraverso le sue foto, ed il dolore la disperazione dei miei genitori”. Così
come per il cugino di Salvatore ,cosciente del dolore della famiglia che appellandosi alla verità,
sbatte in faccia l’esistenza certa in questi lunghi anni, della vile omertà .
Omerta’ che ha attraversato certamente più del dolore la comunità. Omertà che non è solo
mancanza di coraggio, o rassegnazione ma mancanza di aiuto e solidarietà.
Negli anni siamo andati oltre per fortuna, facemmo nascere il primo comitato di lotta contro la
mafia con un dirigente audace come Vito Lo Monaco e tanti altri, con la grande marcia, in nome di
quel martire civile che fu Pio la Torre ucciso nell’82, lo stesso che ci aveva portato ’ solo alcuni mesi
prima a Comiso contro i missili e contro la guerra, contro tutte le guerre. In quegli anni si abbatté
il muro vergognoso al secondo ingresso a mare, a ridosso della villa di un sanguinario mafioso .
Sapevamo e sappiamo che il grido più forte di giustizia e verità dovesse venire proprio dalla società
civile della comunità con il suo senso di aiuto e solidarietà, fra le strade e dal contesto entro cui quei
giovani le loro famiglie vivevano ed avrebbero dovuto continuare a vivere un esistenza serena e
normale.
Oggi di fronte all’orrore della guerra, che non riesce a scuotere le coscienze del mondo, torniamo
a manifestare in piazza a Comiso per la pace , ma quella non più giovane madre che continua a
piangere e che continua a chiedere verità e giustizia, rischia di apparire metafora locale di una
umanità perduta di una civiltà non conquistata, di una società che non vuole la pace.
Abbiamo creduto e crediamo in un mondo che parteggia , che scende in campo , ed abbiamo oggi
una società più matura e consapevole, fatta di una rete di associazioni e di volontari , ma anche da
quei coetanei degli scomparsi, a cui la ferita del distacco e le paure dei giorni e dei mesi successivi
lancia il bisogno di memoria a uomini e donne, genitori, che dovrebbero sentire più forte degli altri
il bisogno civile di rielaborare fino in fondo quei fatti, diradando finalmente quell’alone di
oscurità,vincendo l’immobilismo ed il silenzio della paura, combattendo a viso aperto la guerra , le
guerre, anelando alla pace.
Per questo saremo tutti idealmente a Comiso il 4 aprile insieme a tante associazioni, al popolo
Ucraino e per la pace ed al contempo sottoscriviamo la proposta della dottoressa Castiglia, una
delle promotrici dell’iniziativa di ricordo nel trentennale, che ha chiesto di porre proprio al terzo
ingresso una targa con la scritta, “qui furono visti per l’ultima volta Mariano e Salvatore, chi sa ha il
dovere civile e morale di parlare per rispondere al bisogno di verità e giustizia”, che è anche un
bisogno estremo di pace.
di Nino Amato

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