Il Pubblico Ministero Nino Di Matteo ha chiesto 8 anni di carcere per l’ex ministro all’agricoltura Saverio Romano.
Romano è accusato di concorso esterno a Cosa Nostra.
Per l’accusa “è stato instaurato un patto politico elettorale mafioso tra Salvatore Cuffaro, l’onorevole Saverio Romano e la parte predominante di Cosa Nostra che faceva capo a Bernardo Provenzano”. La requisitoria è stata pronunciata davanti al gup Ferdinando Sestito.
Il processo si celebra presso il Tribunale di Palermo con il rito abbreviato. La sentenza dovrebbe arrivare il 17 luglio.
Romano viene accusato anche da due pentiti di mafia, Francesco Campanella di Villabate e Stefano Lo Verso di Ficarazzi.
Secondo l’accusa, Romano avrebbe intrattenuto “rapporti continuativi con esponenti di spicco di Cosa Nostra per accrescere il proprio ruolo di potere”. La condotta dell’ex ministro è stata più volte descritta come collegata e parallela a quella dell’ex governatore della Sicilia, Salvatore Cuffaro, che sta scontando sette anni di carcere per favoreggiamento a Cosa Nostra. “Cuffaro e Romano – per il pm Di Matteo- hanno condiviso le stesse clientele mafiose. Esiste un patto tra politica e mafia, un patto giá accertato dalle sentenze definitive che condannano Cuffaro, un patto a cui ha partecipato anche Romano”.
Romano venne eletto nel collegio di Bagheria nel 2001 e secondo Di Matteo “il patto politico mafioso elettorale ha raggiunto il suo apice nel 2001, quando Romano venne eletto alla Camera dei Deputati mentre Cuffaro divenne presidente della Regione”. L’origine dei contatti di Romano con esponenti di Cosa Nostra risale invece, sempre secondo l’accusa, addirittura al 1991, quando Romano, all’epoca appena ventisettenne, si recò insieme a Cuffaro da Angelo Siino per chiedere sostegno elettorale. Siino, pilota di rally e consigliere comunale a San Cipirrello, era il regista del sistema regionale degli appalti truccati in nome e per conto della mafia, tanto da meritarsi l’appellativo di “ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra”.
Fra le fonti di prova c’è la testimonianza di Francesco Campanella, ex presidente del consiglio comunale di Villabate, che fornì la carta d’identità falsa che Bernardo Provenzano utilizzó nel suo viaggio a Marsiglia. Campanella ha detto che in un pranzo a Roma nel 2001, prime delle elezioni “eravamo in una trattoria a Campo de’ Fiori, c’era anche mia moglie poi si aggiunsero Saverio Romano e l’onorevole Cuffaro che erano a Roma per questioni legate alle politiche del 2001. Franco Bruno, che conosceva perfettamente il mio cattivo rapporto con l’onorevole Romano, scherzando a tavola disse: Saverio, tu sei candidato nel collegio di Bagheria dove c’è anche Villabate, ma lo sai che Francesco non ti vota, perché voterà per il centrosinistra? Stizzito l’onorevole Romano si alzò e pronunciò una frase che mi resterà sempre impressa: No, Francesco mi vota,perché siamo della stessa famiglia. E poi girato verso di me aggiunse: scinni a Villabate e t’informi.“
Il pentito di Ficarazzi Stefano Lo Verso ha invece detto “Mandalà mi disse che avevamo Cuffaro e Romano nelle mani”.