“Tavola fuori testo: Il Dante di Guttuso”, 1963, tecnica mista su carta applicata su tela, cm 71×101. (Tra i personaggi è raffigurato Guttuso con Mimise).
Per un siciliano conoscere la vita e l’opera di Renato Guttuso dovrebbe essere naturale e comunque un piacere, ancor più s’è un bagherese. Per me si tratta di una passione che non smetto mai di alimentare.
Per questo motivo sono impegnato nell’ennesimo studio guttusiano, ovvero, nell’attribuzione del dipinto “Arsura” a Guttuso, opera attualmente esposta al “Museo Guttuso” come dipinta da Topazia Alliata. Sarà uno scoop? lo vedremo a tempo debito. Per intanto lavoro per ristabilire la vera immagine di Guttuso, quella che ne fa un mito del Novecento.
Guttuso è sempre appartenuto a tutti, tant’è ch’è stato celebrato in ogni parte d’Italia, per questo è necessario, per chi pratica la passione dell’arte con onestà intellettuale, non trovarsi di fronte ad un groviglio di inesattezze, come le tante che sono state scritte con superficialità, sia sulla sua vita privata sia su quella artistica: sulle pitture della Chiesa di Aspra, sull’opera “Arsura” del “Museo Guttuso”, sul suo ateismo, la sua fede politica, eccetera. Questi sono solo alcuni esempi che meritano un approfondimento.
Renato Guttuso è stato un uomo di “razza”: nato bagherese, divenuto subito palermitano per poi tornare a essere bagherese; proletario e aristocratico al contempo; amato e odiato dalle stesse persone che lo hanno amato; ha frequentato gli altari della religione, della politica, della cultura, ma anche dei salotti mondani, facendo sempre parlare di se nel bene e nel male.
Un personaggio inebriato dal successo, che amava la vita come le belle donne e l’alcol, vivendo continuamente in una zona di confine tra il bene e il male.
Amava e odiava Bagheria, trovava la tranquillità a Velate, la frenesia a Roma e l’eccitamento a Palermo; dunque, un personaggio complesso come tutti i grandi personaggi.
É con questa complessità che Guttuso ha costruito giorno dopo giorno la sua immagine di uomo e d’artista ed è da qui che bisogna iniziare a studiarlo, consapevoli dei risvolti opachi dai contorni shakespeariani, ad esempio, come nel caso dell’opera “Arsura”.
Sbaglia! chi vuol far credere che Guttuso era l’intellettuale perbenino, perché non è così. Guttuso era quella forza scatenata della natura che egli stesso orientava, ora nella direzione del bene ora in quella del male, com’è nella natura dell’uomo, e questo lo sapevano i suoi amici intellettuali, Argan, Sciascia, Berlinguer ed altri. Guttuso non è stato quel bravo pittore, bravo critico, bravo politico, bravo marito, bravo amante, bravo amico, bravo …, tout court, come recita la sua biografia ufficiale.
Di tutto questo, il mio amico Renato, ne era consapevole, tant’è che alla resa finale dei conti si presenta a Dio nella postazione scomoda dell’inferno, per come egli stesso si rappresenta in una delle sue tavole dantesche.
Con un simile percorso, Guttuso, come Caravaggio, van Gogh e Picasso, per citare solo tre dei suoi artisti preferiti, rimane un mito e la sua opera diventa più comprensibile.
