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sabato 27 Luglio 2024

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I cunti di Sicilia. Il chiacchiericcio fra le amiche. di Anna Citta

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anna citta
anna citta
5 minuti

In tempi assai antichi veniva pronunciata, spesso dalle bocche delle nostre donne, una cantilena che faceva così, statemi a sentire: “si vinisti pi bbièni, pigghia a sièggia e assièttati, si vinisti pi mali t’avissi a stuccari li pinni e l’ali”. Immaginavo già queste donne d’un tempo dedite alle faccende di casa e che poi, nell’ora della siesta, la comare veniva con la propria siggitièdda a sedersi sul davanzale dell’amica. Si perché dovete sapere che era usanza tipica delle nostre zone, nei pomeriggi d’estate, sedersi fuori casa, specialmente per chi viveva a pianterreno.

Si apriva la persiana e ci si raggruppava nel marciapiede a discorrere della giornata e a discorrere anche di avutri cuòsi. Spesse volte la comare, con aria ironica, riferendosi all’amica o vicina, diceva appunto: “se sei venuta a fin di bene prendi la sedia e siediti, se sei venuta per fare male dovresti lasciarci le penne e le ali”. Era un modo di dire, per iniziare a discorrere, ma anche un modo per scherzare tra amiche. Prima di sedersi pulivano bene il marciapiede, nzamaddiu fosse sporco! Avièva spicchiuliari. Picchì dovete sapere che a chiù pulita con scopa e sapuni muoddu stricava e stricava fino a togliere il primo strato di cemento. La storia continua, e chi facièvanu? Si incontravano tutte le famiglie, immaginate che assembramento! Si scambiavano chiacchiere di ogni genere, alle volte si sparrava la vicina o la figlia della vicina ca era svintata. Chi beni a diri? Magari aveva un carattere chiù libirtinu e allora per il vicinato era picciuttedda svintata, che aveva la testa a chissà cosa. Chi non ha mai girato per i quartieri e ha sentito pronunciare questi detti o ha visto tante persone sedute sul davanzale con le siggitiedde impagliate? “Stuòccati i vizi, stuòccati i ammi” sono altri detti comuni e spesso pronunciati in momenti di grande rabbia per mandare al diavolo qualcuno. Ma chi veni a diri? Si augura una “mala cuòsa” alla persona a cui si rivolgono queste frasi malevoli. Si augura al malcapitato delle nostre intenzioni una lesione totale degli arti inferiori ossia le gambe e poi ci si può rivolgere al malcapitato augurandogli anche una stoccata di vizi, si presume una perdita degli organi sessuali, considerati parte dei vizi umani. E chi vuliemu di più da un siciliano? Una maledizione pericolosa. Ultima chicca della juinnata è il famoso e conosciuto detto:” A me casa si tuppulia chi peri”. Dicesi a persona che di solito si presenta ad un invito a manu vacanti. Dalle nostre banne, è davvero indecoroso presentarsi sulu cu: “ panza e prisienza” ossia senza portare qualcosa di ruci o una bottiglia di vino. L’espressione indica che l’ospite che si accinge a bussare alla porta di colui che lo ha invitato, deve avere le braccia piene di cose da non avere altro modo per bussare se non quello di usare i propri piedi. Il siciliano ospite tipo si riconosce da questo modus vivendi, se non è accussì sarà mancanza di rispetto nei confronti di chi ha espresso l’invito. Quindi da ora in poi state attenti e non sbagliate. Ricordate che a casa di un siciliano non si va mai a manu vacanti. Quindi “omu avvisatu mienzu salvato”!
Baciamu li manu.

Anna Citta è una docente di Lingua e Letteratura Inglese. Vive a Porticello, un piccolo borgo marinaro. Ha due grandi passioni: il mare e il dialetto siciliano. Da circa 10 anni Si interessa di tradizioni popolari e di detti tipici del nostro dialetto, usi e costumi, proverbi e altro. Il suo è uno studio senza fine, una grande passione che coltiva nel tempo libero. Pensa che studiare una lingua sia il modo giusto per entrare nella vita della gente, per capire i sentimenti di un popolo e il loro modo d’essere, per sentirne gli odori, i sapori e conoscere il dolore della gente. Per questo ama la Sicilia e la sua sicilianità.

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