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venerdì 26 Aprile 2024

venerdì 26 Aprile 2024

La storia dell’eroe partigiano bagherese Gianni Mineo diventerà un film. Approvato un finanziamento

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Gianni mineo 1
martino 1
di Martino Grasso
5 minuti

La storia del partigiano bagherese Gianni Mineo che il 29 giugno del 1944, insieme ad un amico, Giuseppe Rosadi, salvarono la vita a 209 civili di Arezzo, dalla fucilazione dei nazisti, diventerà un film per la tv in 4 puntate.
Con Decreto del 14 dicembre 2020, il Direttore Generale della Direzione Generale Cinema del Ministero dei Beni Culturali, ha infatti pubblicato la graduatoria completa dei progetti di scrittura sceneggiature.
Vincitore è risultato il progetto del film dedicato alla ricostruzione della vicenda di Gianni Mineo, Giuseppe Rosadi e Maximilian von Gablenz, che riuscirono a salvare dalla rappresaglia nazista gli abitanti della Chiassa di Arezzo.
Il progetto prevede otto parti da 50 minuti l’una per quattro serate televisive. Si tratta di una coproduzione italo-tedesca, con attori di madrelingua, e con riprese ad Arezzo, alla Chiassa, ad Anghiari ed in altre località sia italiane.
La storia è stata raccontata dallo storico Santino Gallorini nel libro “Vite in cambio” pubblicato nel 2014, che venne presentato anche a Bagheria.

Qualche anno dopo nacque l’idea di scrivere una sceneggiatura.
La vicenda prese spunto il 26 giugno 1944 quandouna banda partigiana autonoma di ex prigionieri slavi, prese prigioniero il colonnello tedesco Maximilian von Gablenz, assieme al suo aiutante.

Il comando tedesco di Arezzo ordinò un imponente rastrellamento, che condusse alla segregazione, nella chiesa della Chiassa Superiore, di centinaia di civili. Un ultimatum impose la restituzione del colonnello e del suo aiutante entro il primo pomeriggio del 28 giugno, pena la fucilazione degli ostaggi e l’incendio di tutte le abitazioni della vasta area. Intanto, le donne incinte e con figli piccoli vennero rilasciate. Secondo i documenti tedeschi, rimasero in chiesa 209 prigionieri.

Il 28 giugno quando tutto stava per precipitare e si rischiò una strage, i partigiani italiani, della XXIII Brigata garibaldina “Pio Borri”, chiesero di rilasciare il colonnello, che era nelle mani della banda di slavi.

Chi fermò la strage fu il bagherese Giovan Battista Mineo, un ex sergente dei carristi, di 23 anni, in forza alla scuola allievi ufficiali di Arezzo, datosi alla macchia l’8 settembre ’43 e diventato un sottotenente partigiano della XXIII Brigata.

Mineo aveva un lasciapassare, che lo identificava quale informatore. In questa veste si presenta alla Chiassa, al locale comando tedesco, poco prima che inizino le fucilazioni.
Mentre le esecuzioni vennero sospese, Mineo venne portato al comando di Arezzo e dopo una trattativa, ottenne una dilazione dell’ultimatum di 24 ore. Nella notte, venne accompagnato con un blindato tedesco, sulle montagne sopra la Chiassa ed iniziò un lungo viaggio a piedi, alla ricerca della banda slava.

Il 29 giugno Giovan Battista Mineo riuscì a trovare il partigiano russo, che comandava la banda dei sequestratori del colonnello e del suo aiutante. Dopo lunghe e laboriose trattative, si fece consegnare i due tedeschi. Sia il colonnello von Gablenz che Mineo, si resero conto che in quelle condizioni non ce l’avrebbero fatta ad arrivare prima che inizino le fucilazioni. Il colonnello scrisse su un biglietto un ordine di sospensione e poi lo consegnò a Mineo. Questi, affidati i due tedeschi a Rosadi, partì a cavallo verso la Chiassa, poi dovette correre a piedi, perché il cavallo si azzoppò. È sopra il paese, quando si sentirono distintamente gli ordini imperiosi, che davano inizio alla strage. Iniziò ad urlare, venne sentito dai tedeschi, che fermarono le esecuzioni e andarono incontro a Mineo che, arrivato alla chiesa, consegnò al locale comandante il biglietto di von Gablenz.

Il colonnello ordinò che tutti fossero rilasciati, nonostante forti resistenze di certi suoi subalterni. Ordinò anche che Mineo e Rosadi potessero andarsene liberamente.
Gianni Mineo era nato a Santa Fklavia, ma a 2 anni si trasferì a Bagheria. A 16 anni si arruolò.
Dopo la guerra rimase per alcuni anni ad Arezzo, collaborando con le autorità locali e con l’ANPI, nel rifornimento alimentare della popolazione civile, recandosi persino in Puglia e in Sicilia.

Nel 2014 gli è stato dedicato un parco ad Arezzo.
Morì a Novara nel 1987, a 66 anni.

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